Negli anni ’90 c’erano alcune cose che i bambini bramavano in maniera tormentosa e quasi convulsa: il Crystal ball; Emiglio Robot; il gippino della Pep Perego dove i bambini della pubblicità guadavano una specie di fiumiciattolo e, signori e signori, sua Maestà la Nouvelle Cuisine.
Inutile dire che mamma e papà avevano stampato in fronte un “NO” perentorio in stampatello Font Time new Roman grandezza 92, rigorosamente in grassetto e con anche un po’ di ombra posteriore per rafforzare il messaggio, non appena provavi ad argomentare il perché ti servisse una Gip elettrica a trazione posteriore nonostante la tua famiglia non possedesse un metro d’erba, o perché avessi necessità di cimentarti nella produzione di bolle chimiche al profumo di solvente soffiando in una cannuccia; o ancora quando spergiuravi che Emiglio avrebbe esaudito non solo le necessità dei bambini, ma anche quelli degli adulti, essendo certamente in grado di ramazzare una stanza o fare due lavatrici, e, tale inoppugnabile no, persisteva impenetrabile mentre ti cimentavi nel spiegare loro, con estrema calma e lucidità, quanto un futuro stellato sulle le orme di Carlo Cracco partisse dal presupposto necessario di aver posseduto in tenera età, una Nouvelle Cuisine con tutti i crismi di una cucina vera.
Io la Nouvelle Cuisine l’ho desiderata più di tutto. Ed anche se i giochi non mi sono mai mancati,la Nouvelle Cuisine, quella rimaneva un sogno nel cassetto.
Sapevo che essa era un desiderio che potevo rivolgere solo a lui, l’integerrimo, sovrano, super partes, giudice ultimo, magistrato imparziale, ago della bilancia, decisore decisivo, nonché ormai ultima, spiaggia: l’illustrissimo Babbo Natale.
E così tentai.
“Cara Clara, purtroppo ho finito le Nouvelle Cuisine in magazzino”.
Questo mi disse, con due righe spicce scribacchiate su un pezzo di carta, quel barbuto signore.
Ero incredula: ma che giacenza e deposito poco fornito e professionale ha, Babbo Natale, sotto le feste?
Il lavandino che spruzzava acqua per davvero, l’orologio e la lavagna sulle antine apribili, i mille cassettini, i cestinetti a scomparsa, gli scorrevoli segreti, la forma accattivante e i colori vivi. Tutto era sfumato.
La Novelle Cusine non poteva altro che rimanere un desiderio irrealizzato, senz’altro da dimenticare.
Oggi, ho esattamente trentuno anni (e fischia).
Mia figlia ha ricevuto una Nouvelle Cuisine, appartenuta alla sua zia:i suoi occhi si sono illuminati, contemplando questo misterioso e sconosciuto pezzo cult degli anni novanta, questa pietra miliare incastonata nell’immaginario di tanti bambini di qualche anno fa.
Proprio lei: con Il lavandino che spruzza acqua veramente, l’orologio e la lavagna sulle antine apribili, i mille cassettini, i cestinetti a scomparsa, gli scorrevoli segreti, la forma accattivante e i colori vivi.
Ed io, dietro di lei, la stessa espressione, le mani giunte al petto, gli occhi a palla, saltellando impaziente da un piede all’altro.
Il forno, il frigo, la lavastoviglie!
L’hai ricevuta tu, ma anche un po’ io, piccola mia.
Non vedevo l’ora di giocarci, finalmente.
dopo un primo attimo d’ammirazione e sgomento, mia figlia si è messa subito a trafficare, proprio come una verace nonna napoletana, brigando solerte con caffettiera, tazzine e posate di plastica.
Ma certo amore, facciamoci un caffè, è una vita che aspetto di fingere di sorseggiare qualcosa prodotto su quel fornello di plastica!
Ps.
Se qualcuno mi passasse pure la Peg Perego, potrei seriamente considerare l’eventualità di utilizzarla come autovettura ammiraglia della famiglia, adatta a guadare fiumiciattoli, far la spesa e, recarsi dignitosamente sul posto di lavoro.
