Storie di parodia quotidiana

La lettera

Qualche giorno prima di dicembre, ho consegnato a mia figlia una letterina editabile presa in cartoleria,per Babbo Natale, porgendogliela con la sacralità e il raccoglimento austero del padrone col vassallo, alla cerimonia di investitura per consegnargli un feudo.

Lei ha afferrato il cartoncino, ha detto “Bello” e poi con estremo candore e afferrando un evidenziatore mi ha chiesto se potesse colorarla.

“Eh,eh ma va fatta bene la letterina, eh” ho blaterato con tono petulante di un merlo da compagnia di una vecchia zitella “dobbiamo metterci lì e farla insieme” ho concluso con espressione eloquente (per me, eloquente per me.)

Che poi non sono una precisa eh, faccio le cose a caso io, prevalentemente. Però quando si tratta di bricolage e di cose fantastiche, no, lì pretendo minuziosa attenzione, strategica dedizione.

“Ooookkk” ha detto lei muovendo velocemente le pupille da un lato all’altro,segnale tipico di imbarazzo per una richiesta incomprensibile della propria madre “e la facciamo bene…adesso?”

“A dicembre, amore. Ora conservala in un luogo sicuro” ho detto solennemente, allontanandomi camminando all’indietro e scomparendo enigmaticamente in cucina.

Il primo di dicembre mi sono materializzata davanti a lei come un’apparizione mistica: “Amore, oggi scriviamo la lettera?”

“Sì mammina! Solo che…solo che…” Ha detto prendendo a tastare a casaccio i suoi giochi.

“Solo che?”
“Eh, non so dove l’ho messa!”
“COME NO?” ho tuonato confusa.

E’ seguito un soliloquio di mia figlia trattante un articolato e fantasioso scarico di responsabilità su cane/fratello/padre che l’avrebbero trafugata, sottratta e nascosta dolosamente nottetempo, a sua insaputa.

“E ora? Ora che facciamo? Quella aveva i disegni di Babbo Natale, le renne, il timbro – il timbro di Babbo Natale, capisci!- e le righe, aveva le righe per scrivere dritti!” ho ciarlato io.

“Mamma” mi ha interrotta lei posandomi dolcemente una mano sul braccio, come fossi stata un’anziana nel bel mezzo di un attacco di senilità “tranquilla, la faccio io.”

E ha pescato un foglio a caso in mezzo ad altri già pasticciati.

L’ho guardata con gli occhi socchiusi.

L’ha stirato sulla pancia e mi ha sorriso.
Ho sbuffato.

“Ti aiuto a scriverla, se vuoi” ho detto, arrendendomi.
“Va bene. Però la firmo io.”

La letterina l’ha piegata tutta storta.
Ha fatto scrivere a me due cose base, giusto per essere certa che Babbo Natale sapesse a grandi linee cosa portarle. Per il resto, ha aggiunto cose sue: lettere a caso, disegni,ghirigori di bava di suo fratello che non so bene fossero voluti o meno, adesivi staccati da altre cose che probabilmente non meritavano più un disegno di Elsa con scritto “Buona Estate”. Soprattutto, ha scritto il suo nome, da sola: traballante, un po’ di sghimbescio.
L’ha appoggiata sul davanzale della finestra, rigorosamente in bilico.

È la cosa meno regolamentare, più capricciosamente variopinta che io abbia mai visto. Indiscutibilmente una delle più meravigliose.

Fin da piccina, mi hai insegnato da dove arrivano le parole, da dove la fantasia e come nascono le canzoni. Questa volta mi hai mostrato che le lettere, quelle scritte, vengono alla luce piccole, traballanti, reggendosi a malapena in piedi: ma fin da subito son capaci di farsi capire distintamente.

Mi hai mostrato che il nome che ti abbiamo dato quando sei nata ora è veramente tutto tuo: lo tracci, come piace a te, senza seguire nessuna riga prestampata.

Mi hai fatto vedere, ancora una volta,cosa vuol dire, ma soprattutto come si fa, ad essere splendidamente e semplicemente se stessi.