<Cos’è per te la libertà, Beato?>
<Dipingere Giosuè, poi vagare in ciò che ho disegnato>
<Dipingere cosa, si può sapere? Sei lì che armeggi, tutte le sere!>
<Il silenzio, se proprio lo vuoi sapere.>
<Beato, sei sempre così stringato. Nebuloso e mesto! Certo, capisco il contesto…però.. Siamo in prigione da un anno, dimmi, che avrai da disegnare su quella tela con tanto affanno?>
<Immagino, penso, fantastico…la mente fino ai confini del mondo, ma che dico, oltre, vola. E la mano, a quel punto, va da sola.> Beato si stringe nelle spalle e sbircia il compare guardandolo da sopra l’occhiale.
<Vuoi dire che disegnare, per te, è come andare a passeggiare? Come visitare luoghi nascosti, posti ameni e reconditi boschi?>
<Giosuè dico, in verità, che sta nella nostra mente la libertà. Non importa come tu voglia tirarla fuori, ma se t’alleni, se lasci fluire le emozioni e coltivi le tue passioni, ecco che immantinente puoi essere sulla punta di un monte, nel cratere di un vulcano, con la tua bella a passeggiare mano nella mano, a sfuggir correndo da un elefante per non essere schiacciato dal suo deretano, a viaggiar lontano, a guardar da un cannocchiale, dalla prua d’un veliero che naviga sul mare.>
<Beato, come sei saggio. E dire che io sono il tuo maestro! Io scrivo un po’, ho recepito il messaggio.>