Sono le dieci di sera, e noi, abbiamo fato l’errore imperdonabile di mettere un dito di panna sulle fragole per nostra figlia: il picco glicemico la terrà sveglia e febbrilmente operativa per ore.
Quella s’avvicina a grandi falcate a me, che mi sono appena spalmata sul divano che lei ha mezzo smontato.
<Mamma, mi dai le chiavi?>
<Amore sto guardando un momento questa intervista, aspetta un attimo > le rispondo a mo’ di supplica, zig zagando con la testa per visualizzare per intero lo schermo della tele, cercando di guardar oltre la sua deliziosa figura parata impietosamente davanti a tutta la televisione.
Non ha alcuna intenzione di muoversi d’un passo, la mano appoggiata su un fianco, lo sguardo di chi è in attesa.
<Mamma, le chiavi!> mi sollecita indicandomi animatamente le tasche.
<Ma io non ho chiavi! Ho i pantaloni del pigiama!> rispondo concitatamente, tastandomi i fianchi.
<Mamma…> insiste con sguardo furbo < Dammi le chiavi! Devo aprire la potta.>
<Non ho nessuna chiave ti ho detto! Le tue chiavi giocattolo saranno nella cesta dei giochi amore…fammi sentire cosa dice questo signore, dai.>
Non si muove d’un centimetro.
<Mamma ! Devo entrare! Dammi mie chiavi!> detto questo, mi indica la mano, ammiccante.
Sbuffo.
Mi guardo la mano vuota quasi di scatto, sbatto le palpebre più volte senza capire, poi m’illumino: < Le chiavi! Le tue chiavi! Dici queste?> chiedo indicando un oggetto invisibile adagiato sul palmo della mia mano tesa sotto i suoi occhi.
Annuisce sorridendo <Quelle! Grazie!> dice afferrando la chiave impalpabile, con un gesto repentino della manina.
Poi, si gira decisa, sale una scala di schienali del divano adagiati sul tappeto,apre una porta cigolante nel vuoto, dopo un gran grattare nella toppa, ed entra in una stanza dove paia verosimilmente scorrazzi un gatto e viva un orso.
Sono le dieci di sera, e noi, abbiamo fatto l’errore imperdonabile di mettere un dito di panna sulle fragole per nostra figlia: il picco glicemico la terrà sveglia e febbrilmente operativa per ore.
Quella s’avvicina a grandi falcate a me, che mi sono appena spalmata sul divano che lei ha mezzo smontato.
<Mamma, mi dai le chiavi?>
<Amore sto guardando un momento questa intervista, aspetta un attimo > le rispondo a mo’ di supplica, zigzagando con la testa per visualizzare per intero lo schermo della tele, cercando di guardar oltre la sua deliziosa figura parata impietosamente davanti a tutta la televisione.
Non ha alcuna intenzione di muoversi d’un passo, la mano appoggiata su un fianco, lo sguardo di chi è in attesa.
<Mamma, le chiavi!> mi sollecita indicandosi animatamente le tasche.
<Ma io non ho chiavi! E nemmeno tasche… Ho i pantaloni del pigiama!> rispondo concitatamente, tastandomi i fianchi.
<Mamma…> esordisce con sguardo furbo < Dammi le chiavi! Devo aprire la potta.>
<Non ho nessuna chiave ti ho detto! Le tue chiavi giocattolo saranno nella cesta dei giochi amore…fammi sentire cosa dice questo signore, dai.>
Non si muove d’un centimetro.
<Mamma ! Devo entrare! Dammi mie chiavi!> detto questo, mi indica la mano, ammiccante.
Sbuffo.
Mi guardo la mano vuota quasi di scatto, sbatto le palpebre più volte senza capire, poi m’illumino: < Le chiavi! Le tue chiavi! Dici queste?> chiedo indicando un oggetto invisibile adagiato sul palmo della mia mano tesa sotto i suoi occhi.
Annuisce sorridendo <Quelle! Grazie!> dice afferrando la chiave impalpabile, con un gesto repentino della manina.
Poi, si gira decisa, sale una scala di schienali del divano adagiati sul tappeto,apre una porta cigolante nel vuoto, dopo un gran grattare nella toppa, ed entra in una stanza dove pare verosimilmente scorrazzi un gatto e viva un orso.
Assisto alla scena a bocca spalancata, l’intervista è finita, ed io non ho sentito una sola parola, ma ho imparato ad aprir porte che non si vedono, con chiavi che pareva non esistessero, e invece stavano nascoste nelle mie mani, e ancor prima nei miei pantaloni senza tasche, utili per uscire in un mondo incredibile, che sta proprio dentro il nostro salotto.
Sono le dieci di sera, e noi, abbiamo fatto l’errore imperdonabile di mettere un dito di panna sulle fragole per nostra figlia: il picco glicemico la terrà sveglia e febbrilmente operativa per ore.
Quella s’avvicina a grandi falcate a me, che mi sono appena spalmata sul divano che lei ha mezzo smontato.
<Mamma, mi dai le chiavi?>
<Amore sto guardando un momento questa intervista, aspetta un attimo > le rispondo a mo’ di supplica, zigzagando con la testa per visualizzare per intero lo schermo della tele, cercando di guardar oltre la sua deliziosa figura parata impietosamente davanti a tutta la televisione.
Non ha alcuna intenzione di muoversi d’un passo, la mano appoggiata su un fianco, lo sguardo di chi è in attesa.
<Mamma, le chiavi!> mi sollecita indicandosi animatamente le tasche.
<Ma io non ho chiavi! E nemmeno tasche… Ho i pantaloni del pigiama!> rispondo concitatamente, tastandomi i fianchi.
<Mamma…> esordisce con sguardo furbo < Dammi le chiavi! Devo aprire la potta.>
<Non ho nessuna chiave ti ho detto! Le tue chiavi giocattolo saranno nella cesta dei giochi amore…fammi sentire cosa dice questo signore, dai.>
Non si muove d’un centimetro.
<Mamma ! Devo entrare! Dammi mie chiavi!> detto questo, mi indica la mano, ammiccante.
Sbuffo.
Mi guardo la mano vuota quasi di scatto, sbatto le palpebre più volte senza capire, poi m’illumino: < Le chiavi! Le tue chiavi! Dici queste?> chiedo indicando un oggetto invisibile adagiato sul palmo della mia mano tesa sotto i suoi occhi.
Annuisce sorridendo <Quelle! Grazie!> dice afferrando la chiave impalpabile, con un gesto repentino della manina.
Poi, si gira decisa, sale una scala di schienali del divano adagiati sul tappeto,apre una porta cigolante nel vuoto, dopo un gran grattare nella toppa, ed entra in una stanza dove pare verosimilmente scorrazzi un gatto e viva un orso.
Assisto alla scena a bocca spalancata, l’intervista è finita, ed io non ho sentito una sola parola, ma ho imparato ad aprir porte che non si vedono, con chiavi che pareva non esistessero, e invece stavano nascoste nelle mie mani, e ancor prima nei miei pantaloni senza tasche, utili per uscire in un mondo incredibile, che sta proprio dentro il nostro salotto.
Assisto alla scena a bocca spalancata, l’intervista è finita, ed io non ho sentito una sola parola, ma ho imparato ad aprir porte che non si vedono, con chiavi che pareva non esistessero, e invece stavano nascoste nelle mie mani, e ancor prima nei miei pantaloni senza tasche, utili per uscire in un mondo incredibile, che sta proprio dentro il nostro salotto.