Mio marito, al lavoro, ha fatto ponti come alle scuole elementari, indi per cui, fra tutte le festività recenti, è rimasto in ferie più o meno un mese.
In questa ridente parentesi di pausa lavorativa, ha eroicamente dovuto occuparsi per due giorni di nostra figlia, la quale non stava tanto bene, e benché io gli avessi drammaticamente prospettato che sarebbe stata un’impresa assai faticosa e complicata occuparsi di lei dall’alba al tramonto, quello è riuscito a cavarsela più che dignitosamente.
Certo, è stata tutta questione di do ut des: lui le ha fabbricato un’autovettura all’ultimo grido con il cartone portaspesa della Coop, alla faccia del parco macchine del piccolo rampollo di casa Ferragnez, e l’ha aggindata nel medesimo modo per due giorni interi, per non stressarla nemmeno un po’. Lei, in cambio, ha dormito come un tasso americano per 12 ore al giorno in totale autonomia, nel letto, mentre con me, solitamente, spalanca improvvisamente gli occhi come Frankenstein appena smetto di dondolarla o oso appoggiarla su una superficie che non sia il mio corpo inerme.
Bene.
In tutto ciò, il morbo latente che stava vettorando la mia bambina, gira e rigira, l’ho vinto io, come del resto tutte le ultime malattie di cui il mio amato virione con le calzette antiscivolo mi ha gentilmente fatto omaggio nel recente periodo.
Questa sorta di prepotente influenza si è scatenata su di me violentemente, ovviamente, palesandosi solo di venerdì sera, tanto per allietare e animare il mio weekend.
Vorrei premettere che io sono una che sopporta abbastanza il dolore, ma credetemi, le pestilenze che mi porta a casa mia figlia, hanno su di me effetti sconvolgenti e invalidanti al pari di alcune malattie dimenticate anche nel terzo mondo.
In tutto ciò, sabato pomeriggio, dopo una giornata a badare a mia figlia, cui presumibilmente erano state cambiate le pile del discount cui era in dotazione nei giorni precedenti, con delle Duracell potentissime,barcollandole appresso come un avvinazzato, acconciata alla maniera tipica dei frequentanti più alternativi di Camden street, e abbigliata come un senzatetto del parco, ho chiesto un cambio al mio gentil consorte, il quale ha acconsentito di entrare in campo, ineggiato, osannato e accolto come Cristiano Ronaldo alla juve al suon di “PAPI! PAPI! da sua figlia festante.
Troppa riconoscenza, potrei commuovermi.
Considerando che papà rientrava direttamente da” ristrutturazione edilizia” cui si sta dedicando anima e corpo nell’ultimo periodo, decide brillantemente di fare un bagnetto ristoratore con la Lea “così tu intanto ti riposi“.
Due dati devo anteporre a quanto andrò a breve a rendicontare: attualmente viviamo in 50 metri di casa e la camera da letto è esattamente adiacente al bagno, separata da un muro di quel che definirei solida carta da zucchero; in secondo luogo a nostra figlia piace immergersi nell’acqua esattamente quanto la cosa possa aggradare ad un gatto selvatico e dal pessimo carattere.
Così, riversa sul letto in stato vegetativo in una sorta di esperienza pre – morte, con tre ciucci conficcati nella schiena, ho passato la seguente ora successiva ad ascoltare le urla disperate di nostra figlia, in quello che pareva essere un misto fra il set di blair witch project e un cantiere edile in fase di demolizione del calcestruzzo armato, con tanto di imprecazioni degli operai in esso impiegati.
Ad un tratto, però, tutto si cheta: la doccia è finita, ritorna la pace.
Sospiro, e tento di concentrarmi sull’obiettivo:devo dormire, riacquistare le forze, far sì che la testa smetta di pulsare.
“Amore? Dormi? Scusa è, hai mica visto le mie calze?”.
Apro un occhio iniettato di sangue.
“scusa?”
“no, dico.. Le calze. Le avevo lasciate qui.”
“Puoi uscire?” Ringhio in risposta.
Poco dopo, una festante combo padre e figlia, in quella che pareva essere la rievocazione fedele dei festeggiamenti del 4 luglio in America, con tanto di fuochi d’artificio, o la sfilata della banda del paese il giorno della festa della repubblica, subentra nuovamente in camera.
“MAMMAAAAAAAAAAAA! MAAAAAAAMMMMMAAAAAAAAAA! SCIHIUUUUTTTTT!”
“Brava amore, la mamma fa la nanna, fai schiuuuuuutttt, silenzio!Scusa mamma, sai mica dove è la cuffia della Lea? Ti va sushi questa sera?”
Io posso solo dire che lo so che FATE TUTTO CIÒ solo affinché io un giorno venga dichiarata
SANTA
Ps. Ho volontariamente omesso di dettagliare la parte in cui la Lea ha fatto schiantare un barattolo di peperoni a terra, in quanto sono evidentemente troppo provata, sia a livello fisico che mentale.