Storie di parodia quotidiana

Gioie e dolori della ristrutturazione edilizia

La doverosa premessa è che io e il Claudio stiamo procedendo a ristrutturare casa.

Con questa espressione, ci si riferisce in genere, a quella serie di lavoretti e piccoli interventi, che si auto-producono, concatenano e
moltiplicano a vista d’occhio, tendendo comunque sempre all’infinito, ed i quali hanno come minimo comun denominatore l’assunto di partenza rappresentato dalla  seguente  constatazione:“ ci sono giusto due cose di poco conto da fare”.

 Ed è un attimo che devi chiamare gli artigiani dell’edilizia acrobatica.

Comunque, sperando di non dover davvero contattare i muratori su fune, e considerando che le gioie molto probabilmente si valuteranno in un momento posteriore, comincerei a parlare dei dolori annessi alla suddetta attività: infatti,una delle primissime conseguenze dell’effettuare operazioni di risanamento nella propria dimora consiste OVVIAMENTE nel doversi recare in un ferramenta.

A suo tempo, ho già espresso la mia avversione per tali luoghi, ma certamente mi riferivo a piccoli centri di provincia, MINUSCOLI regni della brugola con l’angolo delle vernici e del laminato.

Oggi invece, voglio parlare di quei mostri supremi straripanti di sanitari all’ingrosso, quei cetacei nel mare del “fai da te” stracolmi di punte e utensileria dove nel week end mi sono trovata a deambulare come una comparsa di The Walking Dead strascinando i piedi priva di stimoli e senza motivazione, mentre mio marito pareva piombato in un trip allucinato fatto di smerigliatori, piastrelle e telefonate deliranti all’elettricista di fiducia.

Già all’ingresso sono stata colta da un senso di sconforto lacerante, dinnanzi a scaffalature alte come grattacieli a Dubai: usando un carrello come deambulatore, ho preso a seguire Claudio impegnato a schizzare a destra e a manca alla ricerca di non-so-quale aggeggio/strumento o materiale, attraverso l’interpello ossessivo compulsivo di diversi inservienti che facevano su e giù da enormi muletti, nonché interrogando e confrontandosi con altri avventori invasati quanto lui.

Sono stata ripresa più volte a causa della mia scarsa collaborazione nel coordinare le operazioni di caccia al corrugato con annessi giunti; tacciata di lassismo se colta a bighellonare col cellulare o sorpresa ad appisolarmi utilizzando come appoggio una confezione di scatole di derivazione da incasso.

Tratto da una storia vera.

Ho seguito mio marito nella ricerca spasmodica di carte abrasive e guanti in puro Mithril originale che Tolkien LEVATI PROPRIO, appoggiandomi drammaticamente ovunque NEL DISPERATO TENTATIVO di trovare una qualche  forma di sostegno alla mia esausta e sconfortata persona: ma ahimè, ogni anfratto in quei luoghi è un pericolo, gabbie  a mo’ di cestoni piene di diluenti, ancoranti e multiuso chimici ti pungolano ovunque e da ogni lato.

Ad un certo punto ho recuperato una rivista, con la quale ho pensato di sollazzarmi per qualche minuto. Inorridita, ho messo a fuoco il titolo di detto librino, prima di scaraventarlo lontano da me in fondo al gigantesco carrello colmo di tubi e strumenti non meglio identificati ed identificabili:

“TUTTO PER COSTRUIRE, RISTRUTTURARE E FARE MANUTENZIONE”.

Questo riportava l’inquietante testata.

Peggio del Death Note di Netflix.

Giunta quasi FINALMENTE e PROVVIDENZIALMENTE l’ora di chiusura, (tempo fa tiravamo tardi nei locali, ed ora eccoci qui a sfiorare l’after al Bricoman) ci troviamo costretti a dividerci i compiti: Claudio esce per recuperare dal magazzino ciò che autonomamente non aveva potuto procurarsi, mentre io rimango sola alla cassa, a pagare quanto acquistato.

Una volta effettuata la transazione mi dirigo verso le porte automatiche e cerco con una certa astuzia e insistenza di uscire dall’entrata.

Forse insospettito da cotanto acume e visibile scaltrezza, un solerte vigilante mi si avvicina, dicendomi: “ Signora, questa è l’entrata. Venga, l’accompagno all’uscita”, come fossi stata una novantottenne con la labirintite.

Prima di liberarmi da quell’Alcatraz di laminato e compensato, la gentile guardia, probabilmente insospettita dalla mie evidente callidità nel tentare di uscire da una porta con un segnale rosso di divieto del diametro di un metro, ha deciso di sincerarsi che io non fossi un astuto Arsenio Lupin.

“Signora, le controllo un momento il carrello confrontandolo con lo scontrino. Non si preoccupi, è solo routine.” dice sorridendo.

Sollevo un sopracciglio. PURE. Cioè, spossata e pure trattata con sospetto e sfiducia. Ottimo.

“Certo, faccia pure, ci mancherebbe!” rispondo indifferente,porgendo prontamente la palla in cui avevo trasformato lo scontrino fiscale.

“Bene, sullo scontrino QUI, vedo che ci sono 8 confezioni di carta abrasiva velcrata, quindi quante ce ne sono nel sacchetto?”

Ho le sopracciglia all’altezza dell’attaccatura dei capelli, adesso.

Cioè, non solo non so di cosa stia parlando, ma temo che il signore in oggetto mi stia facendo una sorta di indovinello matematico o qualcosa come un quesito smaschera taccheggiatori  stile psicologia inversa da smaliziato ed esperto investigatore.

“otto?”

“….E ce ne sono uno..due.. OTTO, GIUSTO, OTTO, regolare, tutto REGOLARE signora! Vada pure e BUONA SERATA! Ah, ed esca dall’uscita, mi raccomando”.

“Grazie” rispondo, alzando gli occhi al cielo.

All’uscita vorrei baciare l’asfalto, come un naufrago che tocca terra dopo mesi in mare.

Salgo in macchina, strappando finalmente un succo all’albicocca acquistato in un picco di sconforto in un piccolo baretto dentro il fai da te.

“Dovremmo organizzare una spedizione mensile, in questo posto!” afferma Claudio allegro, subentrando a sua volta in macchina e ritirando ordinatamente le fatture nella sua brava cartellina trasparente.

Ottima idea, direi.

E io che volevo andare alla torbiera un sabato di questi!

No, no, da oggi in poi, le gite tutte al Bricoman!