La domenica, in particolare, forse perché sono più tranquilla, a casa e magari dedita al relax, ecco che vengo presa da una fame che definirei perpetua, inesorabile, inesauribile e certamente implacabile, simile a quella del Grizzly che si sveglia dal letargo, tanto che il buon Claudio spesso si chiede, un po’ incredulo, da dove venga questa brama di cibo, parificabile per estensione e possibilità di determinarne i limiti, ad un buco nero.
Dopo aver riso davanti all’ennesima espressione basita di mio marito, ecco che mi sono messa a fare un percorso introspettivo pensando proprio al cibo. E mi sono venute in mente un sacco di cose bellissime, ricordi preziosi e sicuramente deliziosi.
Buffi aneddoti, paradossi colossali e gusti e profumi nella mente.
Buffi aneddoti, paradossi colossali e gusti e profumi nella mente.
Mentre mia figlia parlava sullo sfondo dei miei pensieri come un Minion, mi è venuto a memoria il colore del sugo che faceva mia nonna; il profumo dei pomodori, che spellava d’estate tipo catena di montaggio col piglio di Charlie Chaplin in Tempi Moderni e che poi surgelava a tonnellate per averne la scorta per l’inverno.
Pensavo al rumore della pasta quando la condiva con quella meravigliosa passata, l’acquolina che mi veniva in bocca mentre con due posate ne calava generose quantità nei piatti di tutti i commensali.
Ho ripensato al fumo nella cucina, quando si metteva a fare le frittelle: era un po’ pasticciona nel fare i dolci, quindi l’opera si trasformava presto in un’impresa titanica, un caos da rimanere a bocca aperta.
Mi è sembrato di sentire lo zucchero sotto i denti e di vederla sullo sfondo con un fazzoletto in testa ad armeggiare, brandendo con una certa arroganza una schiumarola, ed affrontare un pentolone d’olio bollente.
Mi sono venuti in mente i metro quadri di tiramisù della mamma e i bancali di bistecche impanate per quando mio fratello faceva palestra e “AVEVA BISOGNO DI ENERGIE”.
Ho ripensato allo spezzatino con i piselli della nonna Edda, i vetri appannati della cucina e le rondini di plastica appese al muro.
Ho riso ripensando a quando mio papà, lasciandomi da lei, le intimava prima di uscire di non darmi dolci:
“Mamma, per cortesia, non dare schifezze alla bambina.”
“Ma Paolo!” mano sul petto, sguardo incredulo, espressione innocente “certo che no, non le do nulla!”
“Mamma, per cortesia, non dare schifezze alla bambina.”
“Ma Paolo!” mano sul petto, sguardo incredulo, espressione innocente “certo che no, non le do nulla!”
Appena la porta d’ingresso si chiudeva, ecco che la nonna spalancava l’armadio delle leccornie e con fare complice e spumeggiante mi diceva: “ prendi quello che vuoi, a nonna! Dopo usciamo a prendere l’ovetto Kinder!”.
Poi ho pensato alla gravidanza, quando me ne stavo in bagno a cantare con la spazzola dei capelli a ‘mo di microfono, con le mie brave mutande “mama” addosso, “Rossetto e Cioccolato” della Vanoni.
Ho sorriso pensando a quando la mamma mi fa lezioni di cucina e s’incazza praticamente subito, paziente come Gordon Ramsay e laconica come Carlo Cracco, resa insofferente dalla mia negligenza, imperizia e dal mio pressapochismo imperante in cucina.
Mi viene in mente la prima pizza con il Claudio, quando avevo finto di far fatica a finire tutta la pietanza per dare la fasulla idea d’essere una fragile donzella con l’appetito di un uccellino.
E invece no.
Ho la fame del compost e presto, anzi prestissimo, l’ha scoperto.
Penso al pandoro a Natale e ci abbino tanti ricordi magici spolverati di zucchero a velo.
Penso a quando guardavo sconcertata il papà mangiare il gorgonzola, incredula del fatto che volontariamente avesse deciso di cibarsi di qualcosa pieno di muffa, mentre attualmente condurrei volentieri una dieta costituita unicamente da questo formaggio.
Ricordo quell’estate dalla nonna Giuliana e dal nonno Nino, a far colazione con gli abbracci, penso alle crostate preparate dalle mamme agli scout, alle frittelle di San Giuseppe e le ciliege dall’albero dal nonno Gino e mille, ma che dico, migliaia di altri tangibili e dolcissimi ricordi.
Il cibo spesso ci rievoca l’amore degli altri per noi.
Sarà per quello che mi piace tanto.
Sarà per quello che ho sempre fame.