“Con la prima non ci ho azzeccato, ma si sa, l’inesperienza. Questa è femmina, lo so, l’istinto di una madre non sbaglia mai.”
“È un maschio signora.”
La mascella si storpia in posizione scomposta e gli occhi si socchiudono.
“Ah.”
“Nasce prima, lo so, lo sento, io sono sua madre, certe cose si percepiscono nitidamente.”
“Bene signora, qui non c’è ombra di contrazione, né il ben che minimo segnale di parto imminente. Se non succede nulla ci vediamo a 41 settimane.”
“41? Ma… A 41 settimane è Natale! Io devo essere a casa a Natale! Ma chi partorisce a quarantuno settimane? Gli elefanti? I rinoceronti? I trichechi. Se aspettiamo ancora un po’ sarà davvero la gestazione di un tricheco.”
“Faccia pensieri positivi. Deve rilasciare ossitocina per far partire il travaglio! Su, su! Pensieri positivi. Forza, uscirà sicuramente!”
Uscirà in bici, di questo passo.
Qualcuno poi, la fa semplice.
“Bè, se stai bene firmi ed esci.”
“Ah.”
Con il mio intuito infallibile che Jessica Fletcher levati, probabilmente più che le dimissioni anticipate dall’ospedale firmerei una cambiale, o magari l’atto d’acquisto di una multiproprietà in Mozambico o una collana di enciclopedie sulla genesi, vita e abitudini sociali degli ameba e molluschi di mare.
Le ho provate tutte, ma il piccolo non ne vuol sapere di uscire.
“Capisco che questo 2020 scateni in te qualche dubbio o perplessità, però, amore mio, deciditi, perché io non riesco più a deambulare decorosamente, mi sta stretto il poncho (sì, hai capito bene, non ho un giubbotto ma un poncho
) e ho smarrito il baricentro da qualche parte indefinibile nei pressi della bocca dello stomaco. Me lo son mangiato, praticamente. Sono scaduta capisci, come lo yogurt alla banana che tutti snobbano in frigo.”
“Cosa dici mamma?” chiede mia figlia con espressione interrogativa affacciandosi alla porta del bagno.
“Uh, Lea, vieni qui. Cercavo di convincere il fratellino a uscire. Ci vuoi parlare tu?”
Annuisce vigorosamente, poi si avvicina di gran carriera.
Bussa alla pancia.
“Fratellino?-piccola pausa- Sai che il letto mi spettina i capelli quando dormo?”
“Amore l’altra cosa devi dirgli!”
Annuisce, seria.
“Fratellino? Io non sono una farfalla sai, perché non c’ho le ali, io c’ho i piedi, vedi?” dice sollevando un piede e mostrando i gommini delle sue antiscivolo con i gatti.
Poi se ne va.
Alzo gli occhi al cielo: “ok, bene grazie, tu farai la negoziatrice per i servizi segreti, va bene? Il test d’ingresso lo superi facile. “
Nessuno chiede più quanto peso:ormai si capisce che la situazione mi sia evidentemente sfuggita di mano.
“Claudio?”
“Sì?”
“Ho visto che questa ragazza con la scadenza dopo la mia ha già partorito, mentre io no.”
“Bè, mica puoi essere invidiosa di una cosa del genere.”
“Non posso?” chiedo guardandolo di sbieco.
“No. Vedrai che uscirà.” dice dolcemente.
Silenzio.
“Pensi che io sia un cesso, vero?” chiedo con occhio indagatore.
Mi guarda.
“N-no, ma cosa dici?”
“Ho la testa piccola e il corpo grosso. Sembro una pera. Sembro un birillo, dì la verità.”
“Sei incinta!”
“Da anni sono incinta!” sbotto esasperata.
Alla fine, a una mamma scaduta, non si può fare nessun complimento.
Mi correggo, ci ho pensato mentre mi lavavo sotto la doccia frizionandomi come un autocarro.
Ne esiste uno perfetto, di complimento, adatto a una mamma in questa situazione, stanca e desiderosa di scindersi in una o più unità: “sei bella, come casa mia.”
Perché questo è una mamma: una casa, abitata.
Un riparo, che aspetta trepidante tutti i suoi abitanti per stringerli fra le sue braccia.
Impaziente. Stanca di aspettare, quando si fa sera.
“Bella, come casa mia (cit)”