Lea è nel bel mezzo di un capriccio, ma non si ricorda nemmeno più perché ha cominciato a piangere. Si piazza davanti alla culla e continua a frignare e a lanciarmi gli sguardi più rancorosi del suo ricco repertorio di bimba infuriataperfutilimotivi.
Lo Jacopo, intanto, affossato nel suo cullino, tenta in tutti i modi di guardarla, oltre le sponde. Si issa sulle braccette con i buchini sui gomiti come i putti, poi ripiomba pesantemente con la faccia sul materasso.
Ci riprova: allunga la testa, sembra una tartaruga.
Lea lo guarda.
Lui la guarda, un’espressione di sforzo estremo dipinta in volto.
Sorride. Un sorrido sdentato.
Lei scoppia a ridere e si dimentica di continuare a piangere.
Un fratello è un buon modo, per far passare un temporale.
Porto Lea all’asilo, lo Jacopo nel marsupio.
Appena entrati, alcuni bimbi ci vengono incontro: “Lea! Non sapevo avessi un piccolo!” dice una bambina con i capelli a caschetto, una mano appoggiata davanti alla bocca a mimare un gaudioso stupore.
Lei annuisce, decisa: “sì, lo Jacopo. Il mio fratellino.” dice con solenne orgoglio, afferrandogli un piedino penzolante.
Un fratello ti fa sentire quanto si è fortunati, ad avere un piccolo.
Alla Lea è venuta una piccola febbre su un labbro, quindi le abbiamo detto che non poteva dare baci al suo fratellino, per qualche giorno.
Ha strabuzzato gli occhi, esibendosi in un’espressione drammatico-costernata.
Lo Jacopo ha riso, ma solo perchè non ha capito un tubo.
“Fratellino, non preoccuparti, io ti do i baci con gli occhi” gli ha sussurrato all’orecchio.
Un fratello ti insegna a dare baci, anche con gli occhi.