Storie di parodia quotidiana

Una storia di parodia quotidiana

È proprio vero che quando c’è troppo silenzio, è il momento di preoccuparsi: di certo mia figlia sta colorando irreversibilmente il divano, oppure maneggiando scelleratamente le manopole della lavatrice in funzione come un desjokey ubriaco, o magari facendo fare esperienze di immersione alla sua bambola, nella ciotola dell’acqua del cane.

Oppure, magari, è riuscita a sottrarre il mio borsellino come uno scippatore alla stazione e a procedere ad allineare ordinatamente sul parquet tutto ciò che vi ha trovato dentro, ovvero una moltitudine di scontrini e altrettanti centesimini di euro.

<Amore! Che fai?>

<soldini, mamma, soldini!> risponde affaccendata come un folletto alla Gringott.

<Cosa ti servono i soldini amore?> chiedo incuriosita.

<Mandarino! Comprare mandarino!> ripete industriosa, ora impilando le monete, una sull’altra.


Mille e ancora mille volte in un’ora soltanto, vorrei avere una macchina fotografica in grado di immortalare la semplicità, la grandezza e dolcezza di ogni attimo: ed invece a me escono mosse anche le foto in posa.

Immagini che raccontino di questi giorni, in cui per lavar mia figlia mi basta riempire il lavandino e quella se ne sta lì, comoda comoda con le gambe lunghe distese, un po’ a far travasi e un po’ a sbirciarsi con sguardo ammiccante allo specchio; che parlino di smorfie al sapore d’arancia e limone, di ninne nanne cantate amorevolmente a un bambolotto, di abbondanti e generose carezze ai cani, di saponette che non ne vogliono sapere di essere acchiappate fra le bolle nella vasca, di video di saluti delle cuginette guardati in un loop senza fine, di attimi di allucinata follia nel bel mezzo di un capriccio di cui a un certo punto, nessuno ricorda nemmeno più il motivo scatenante.

Istantanee che palino di cucchiai nel latte a cercar cereali, a stanare carote a rondelle nel piatto, a cacciare stelline nel brodo.

Scatti che raccontino di mani sporche di pennarello, di indici a trovare il lupo e poi il gufo nella storia, di palmi che arrotolano alacremente palline di pongo che sanno di sale e dita puntate verso le stelle.

Foto di occhi furbi e sguardi sorpresi, di espressioni comiche e tomboloni pazzeschi.

Momenti di disperati <no, mamma, bagnetto no!> che si tramutano celermente in afflittissimi scongiuri per rimanervi un altro po’ immersi, risate irresistibili in discese spericolate usando le gambe di papà come scivolo, assaggi rubati di zucchero che scrocchia fra i denti, spennellate al gusto di Vinavil, tuffi da stuntman su calzerotti antiscivolo dalla spiritosa fantasia.

Vedute di canzoncine ripetute all’infinito, di storie raccontante quotidianamente, di uscite spiritose da chissà dove, ricordando chissà cosa della giornata appena trascorsa al nido.

Stampe di esperimenti culinari con dosaggi un po’ imprecisi, di gusci d’uovo rotti con trepidazione e poi stupore, di contemplazione assorta del miracolo compiuto della moka da cui sgorga il caffè, con quel profumo così particolare, di salite mano nella mano per le scale e poi discese fatte autonomamente, orgogliosamente e valorosamente con il solo sussidio del proprio sederino.

Celebrazioni di pipì fatte gloriosamente e trionfalmente nel vasino, senza trascurare certo un’ ancora imperitura  nobile lealtà all’affezionato pannolino, compagno di tante splendide  e appassionanti avventure, airbag per gli atterraggi sul didietro, compagno fedele nei momenti di difficoltà.

Rappresentazioni di passeggiate sotto la pioggia, stretti, a cacciar pozzanghere, a raccogliere pigne, ammirare le foglie,  cercare la giusta inclinazione dell’ombrello che non si trova mai, esattamente in quel punto che tenga sotto tutti, senza farci sgocciolare l’acqua dietro il collo, che è una sensazione da far rabbrividire, per ottenere sempre, d’aver salvo il coppino, ma le maniche delle giacche tragicamente fradice. Quindi di corsa, a scaldarci davanti al camino!

Scorci di stivaletti affusolati, di corse impegnate e torri sempre più alte, stabili e avvedute.

In sostanza,

Fotografie di giorni bellissimi, di comunissimi attimi simili e cari in tantissime case, immagini preziose che non possono essere proprio impresse su pellicola o memoria artificiale, nonostante svariati e variegati tentativi, ma, che comunque certamente, se ne stanno lì, marchiate indelebilmente a fuoco nel cuore.

Attimi che fanno di noi, una moltitudine di altre versioni nuove e preziose di noi stessi, perché l’amore è proprio così: moltiplica, aumenta, produce e senza far troppo rumore, costruisce, imbastisce, solidifica e raggiunge.

Ma soprattutto, quello resta.

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