Voi, che non c’eravate, non potete davvero capire cosa sia stata la Brutal Trail.
In realtà manco io l’ho capito, che ero là sotto ai filari a godermi lo spettacolo.
Non ho capito niente, non solo per il fatto che io sia una profana dello sport, dedita unicamente da mesi alla disciplina “squat solleva figlia” e pesistica concentrata in sviluppo dell’avambraccio e bicipite nella specialità olimpica “apertura frigorifero”, ma anche perché lo spettacolo era così BRUTAL che solo i più tosti e lucidi, potevano capirci davvero qualcosa.
Qui non stiamo parlando di semplice jogging domenicale e nemmeno di una gara qualunque, ma bensì di una competizione al cardiopalmo, dove resistenza, preparazione, motivazione, forza di volontà, gambe e glutei di marmo come quelli del David di Michelangelo (fisici o quantomeno mentali) erano praticamente il pacchetto base-base e condizione sine qua non per decidere, anche solo col pensiero più remoto e azzardato, di appropinquarsi e approcciarsi alla suddetta brutalissima gara.
Provo a descriverlo, anche se non basterà: filari, sconfinati, lunghissimi, abbarbicati sulla collina, che s’avvicendavano uno dopo l’altro a perdita d’occhio, disposti idealmente con l’ordine impenetrabile del Labirinto del Fauno, caratterizzati da una pendenza vertiginosa e turbinante tipo le pareti del film Free Solo, che solo a guardarle mi sentivo vibrare le rotule dentro le ginocchia.

Gli atleti, uomini, donne e anche BAMBINI, forzuti, risoluti e concentrati come marines, s’arrampicavano per le ripide salite, per poi ridiscendere veloci come slavine allo scopo di completare il tratto, fatto di andata e ritorno attorno alla fila composta dal vigneto. E per contare le file, badate bene,non ho abbastanza mani, né dita, né competenze matematiche.
Tutti erano a bocca aperta: una sfida davvero BRUTALE, non trovo altri termini, per definirla. Mancavano solo gli ostacoli dei percorsi che si vedevano a MAI DIRE BANZAI, e per me, i partecipanti, potevano entrare nei Navy Seal e partire per l’Iraq il pomeriggio stesso.

In tutto ciò, il tempo era un misto fra la nebbia in val Padana, le piogge monsoniche e le precipitazioni pungenti e continue di Londra: ovunque, fango, pozze con l’estensione del lago Titicaca e umidità da poterla tagliare con il coltello, del 110%. Ad ogni passo, rischiavo il menisco camminando misurata come un ninja, mentre orde di atleti, dietro di me, correvano inarrestabili e metodici che Rambo sembrava, al loro confronto, la controfigura alticcia del pagliaccio Baraldi.

Io non ho parole. Anzi sì: complimenti agli organizzatori, brutalissimi, è stato uno spettacolo incredibile, unico, da togliere il fiato.
Complimenti agli atleti: mai, e dico mai, ne furono visti di così brutali.
Comunque, Silente nel prossimo “Torneo tre Maghi”, ha inserito la Brutal Trail, così, solo per dire.