Ti sento.
Quel giorno che ho scoperto saresti arrivata, ho sentito un tonfo al cuore, un’emozione che riecheggiava in ogni parte di me, nello stomaco, nella mente, che si trasferiva come elettricità lungo le braccia e le gambe, fino ad arrivare alle punte di tutte le dita.
Ero o non ero sempre io? Sentivo qualcosa di diverso.
Una mattina, ho sentito uno sfarfallio, ed eri tu che ti agitavi, nella pancia. Ti ho sentita, per la prima volta.
Un giorno, ho sentito un calcetto, proprio su un fianco. Eri, tu, che ti allenavi per un provino in serie A, immagino. E ti sei impratichita notevolmente, nel corso dei mesi.
Ho sentito noi, per un sacco di tempo.
Ho sentito nel profondo di me, dentro ma appena fuori di me, in modo inspiegabile.
Durante il parto, ho sentito me, come non mai: la mia voce, il nostro cuore, i miei pugni che si stringevano, fortissimo.
Quando sei nata, ho sentito te, per la prima volta.
Quando papà ti ha presa fra le braccia ho sentito l’amore, scritto nei suoi occhi, nelle pieghe che la sua pelle faceva vicino alla bocca, distesa in un sorriso mai visto, sconosciuto, nuovo.
I primi mesi, ho sentito i tuoi bisogni, dimenticando ogni altra cosa, dimenticando un pochino anche me.
Ho sentito i tuoi pianti, ho sentito il tuo respiro mentre dormivi.
Ho sentito il tuo profumo.
Poi, ho sentito il suono delle mie emozioni, che fiorivano, che mi trasformavano in qualcosa di nuovo.
Ho sentito emergere un’inedita me: ho sentito la forza, la grandezza, l’inarrestabilità, la tenacia dell’affezione, dell’amorevolezza, dell’attaccamento.
Ho sentito il suono delle tue manine spiaccicarsi sui vetri delle finestre, lo schiocco dei tuoi baci sulle nostre guance.
Ho sentito che le nostre braccia diventavano casa, le mani intrecciate un tetto, le nostre gambe radici.
Ho sentito il calore degli abbracci, la consolazione dello stringersi, la grandezza eccezionale dell’essere una famiglia.
Ho sentito di essere piccolissima e grandissima al contempo, con te fra le braccia.
Un giorno, ti ho chiesto distrattamente: “come va?” e tu, hai risposto semplicemente “BENE”.
Io e papà ci siamo guardati, sbalorditi.
Ho sentito distintamente il suono che fa la crescita di un piccolo, davanti agli occhi.
Ho sentito che sei una personcina.
Ho sentito che hai un carattere, un tuo spazio, una tua personalità.
Ho sentito e sento con le orecchie, con il naso, con il tatto, con il gusto.
Ma soprattutto, anche con gli occhi chiusi e le mani sulle orecchie, ho imparato a sentire con il cuore.
Grazie a te, ho imparato a sentire distintamente l’amore.