Storie di parodia quotidiana

Io e la moda

Non ci ho mai capito un fico di moda, abbinamenti, dress code e ultime tendenze.

Adoro fare shopping, mi piacciono tantissimo i vestiti, ma in tutta evidenza io non piaccio a loro.

Anzi, nello specifico, probabilmente io non attiro gli abiti belli, quelli abbinati bene.

Vengo bensì attratta solo da cose dubbie, capaci di scatenare commenti e sbigottimento da parte dei miei più stretti congiunti.

Il mio ultimo acquisto PER ESEMPIO, è stato una tuta, o come si suol dire nel gergo della moda una “jumpsuit”, termine con la quale non mi sto riferendo all’outfit per recarsi in palestra o l’accoppiata strategica felpa/pile spessa quattro (poco dignitosi) centimetri con cui girare in modo spavaldo e smargiasso per casa , ma bensì, un capo d’abbigliamento DECISIVO, cui fior fiore di attrici e modelle ricorrono per eventi importanti, parterre delle sfilate e accattivanti shooting su Instagram.

Quindi, perché la Clara non può averne una, per andare a lavorare?

Semplice, perché lei non è in grado di sceglierne una portabile.

A righe, nere, dai motivi tropicali, revival? No, non per me.

Io ho visto questa foto, su internet, di una modella della repubblica Dominicana, statuaria, bellissima, alta due metri e venti, avviluppata in questa tuta color sabbia del deserto denominata “TUTA CARGO”.

“Cargo” richiama comunemente quell’abbigliamento tipico dei militari, o di coloro i quali impiegati a svolgere attività di carico e scarico sulle navi mercantili abbisognano di indumenti tecnici e comodi, magari rinforzati, con tasconi laterali sulle gambe, e comunque, già al primo sguardo, chiaramente, il modello in questione, si ispirava proprio a questo stile.

I tragici risultati erano chiaramante già annunciati, al momento dell’acquisto.

“Guarda cosa ho preso Cla!” 
Mio marito ha guardato il cellulare poi me, aggrottando la fronte:”Hai in programma un safari o ti hanno solamente assoldata per un remake di Indiana Jones?”.

Quindi,

mentre la ninfa della pubblicità pareva pronta per divenire regina del Sahara, signora della sabbia dorata, dignitosamente e fascinosamente ammantata con questa mise accattivante, io, una volta ricevuta e indossata la mia famosa e tanto agognata jumpsuit, mi sono ritrovata dirimpetto lo specchio a scrutare con sguardo dubbioso la mia immagine riflessa.

Le differenze erano lampanti:

lei, dignitosa sovrana della steppa ed io, operaio dell’Enel in servizio per risolvere un guasto.

Lei, fiera leonessa della Savana, io, abbigliamento tecnico per imbiancare casa.

Lei, monarca del deserto del Gobi, io, tuta dei vigili del fuoco durante l’esercitazione.

Lei, principessa delle lande, io, manovale del servizio riparazioni reti telefoniche.