Storie di parodia quotidiana

Io & Marvel

Quando sono arrivata a casa, la prima volta, tante cose hanno rapito il mio sguardo.
Ma una, in particolare, ha catturato tutta la mia attenzione.
Un essere completamente nero, se ne stava a scrutarmi interessato quanto io lo ero nei suoi confronti.
Appena poteva, si avvicinava e, lievemente, si sporgeva verso di me.
“ma..ma che fa? Mi annusa?”
“mi sarò mica fatta la cacca addosso?” mi chiedevo imbarazzata da tutto quel fiutare indiscreto.
“La mamma e il papà dicono che so di latte, che ho un profumo meraviglioso. Naaaa, tutto ok, ci sarà qualche altro motivo per la quale quel buffo figuro cerca sempre di odorarmi.”
Passavano i giorni e io non riuscivo a vederlo bene, perché ero ancora piccola per alzarmi, anche solo per tirare su la testa.
Lui continuava a guardarmi ed io ad ogni occasione utile ricambiavo i suoi sguardi.
Io e la mamma lo portavamo a spasso: io me ne stavo nella fascia, mentre lui ci trainava come fossimo stati un carretto greco in assetto da guerra.
La mamma e il papà lo chiamano “Marvel”.
Col passare dei mesi, ho imparato a fare una moltitudine di cose: ho iniziato a tirare su la testa tutto da sola, rotolare e a fare un sacco di addominali.
Un giorno, poi, ho cominciato gloriosamente a spostarmi proprio come, lui, a quattro zampe.
Lui mi seguiva sempre e…
“Hei, hei,ma cosa fai? Mi annusi il pannolone?!” ridevo e acceleravo e quello mi stava dietro, saltellando qua e là.
Ogni tanto mi dà una leccatina, proprio in piena faccia, io chiudo gli occhi e rido, mentre la mamma urla: “nooo Marvel!!!”
E’ molto gentile, questo Marvel.
Sia io, che lui, parliamo una lingua diversa da quella usata prevalentemente in casa.
Ma la sua, la sua è davvero particolare.
Ho imparato anche la sua parola preferita, “BAU”, e dato che “Marvel” non lo riesco proprio a pronunciare, ho deciso che lo chiamerò proprio così,
Bau.
Recentemente, ho appreso l’antica e nobile arte di deambulare come un avvinazzato: ora mi appendo ovunque e arrivo in posti che prima, potevo solo ardentemente desiderare.
E qui viene il bello.
Ora mi attacco come voglio al Marvel, gli faccio “cara, cara” e tanti massaggi come fossi il suo fedele preparatore atletico. La mattina, quando mi sveglio, non vedo l’ora di salutarlo ed ora che ho imparato a dispensare dolcissimi baci, ricambio volentieri le sue immancabili effusioni.
Sto sul divano e quello si siede accanto a me, mi accomodo sul tappeto, sfoglio un libro e lui ci si siede sopra. “E spostati!” lo incalzo io.
Da quando la mamma e il papà hanno avuto la brillante idea di integrare la mia dieta fatta solo di latte, io e il Marvel, siamo diventati soci in affari: io gli passo dal seggiolone quello che mi propinano e in cambio non devo mangiare quello che non mi va. Un ottimo affare.
Certe volte, mentre gusto qualcosa per spezzare un languorino, appoggiata al divano, lui mi si accosta, con una certa nonchalance.
Io gli faccio sempre assaggiare ciò che sto piluccando, a maggior ragione perché è mio collaboratore, come detto poco fa: lui dà un morso e poi io, in tranquillità, rimangio a mia volta. Quando la mamma ci vede, tanto per cambiare, prorompe in esclamazioni allarmate:
“ Ma, ma! Cosa fate voi due?”
“Tutti anticorpi!” interviene papà, con fare rilassato.
Amo cucinare i suoi peli nelle mie pentole di plastica, li trovo comodamente sul tappeto, e la bambola sembra molto apprezzare.
Riguardo le foto, e lui è sempre vicino a me.
Ora so chi è.
È il amatissimo collega, il mio fedele compagno: è il mio primo grande e inseparabile amico.