Come ogni giorno, vado a prendere mia figlia al nido.
<Ciao amore, come è andata oggi?> chiedo scoccandole un bacio sul naso.
<Bene, giocato.> risponde lei spiccia, ostentando l’indifferenza di una liceale adolescente e armeggiando con gli strappi delle scarpine.
<Bene.> dico inspirando <in macchina ho una sorpresa, SAI?> affermo con sguardo ammiccante, incapace di trattenermi oltre.
Quella mi guarda, gli occhi illuminati: <pizza? Biscot..>
<NO! Amore, la mamma non porta cibo oggi> la interrompo io strizzandole un occhio <un’altra cosa.>
Poco dopo, sistemata sul seggiolino, mi guarda, in attesa: <Duè sopresa?>
<Giusto!> dico allungandomi sul sedile anteriore <TADANNNN! …Ho fatto stampare le foto!> dico euforica, mostrandole un ventaglio di buste.
Mi osserva, perplessa, gli occhi che vagano dal mio sorriso Durban’s a trentadue denti ai pacchetti misteriosi nelle mani, esibiti come in una televendita.
<Io può…mangiarle?>
Una volta a casa, riempito un bicchiere di cereali, ci siamo accomodate sul tappeto in salotto, davanti al camino spento.
<Guardiamo le foto? Poi quando arriva papà le guardiamo ancora> ho detto, impaziente.
<Sì!!!> ha cinguettato lei, contagiata dalla mia contentezza, sgranocchiando rumorosamente il riso soffiato al miele.
Non ho portato cibi e vivande, come mio solito, oggi.
E le foto, quelle non si possono proprio mangiare, siamo d’accordo.
Ma io e mia figlia, guardando le immagini, ci siamo sfamate, letteralmente: abbiamo ripercorso avventure, sorriso guardando le persone care, le espressioni buffe, le nanne scomposte, i luoghi familiari e i nostri animali.
Lea ne ha addirittura abbracciate fisicamente anche un bel po’.
Ne sono certa, senza ombra di dubbio, senza alcuna esitazione: le sorprese, come i doni più belli, contengono cibo e tempo.
Così, possiamo nutrire corpo e l’anima.
Così, potremo essere sazi, ma sempre affamati.
La fame, bellissima.