Sin da quando ha iniziato a manifestare interesse per la cosa, la nostra bambina ha cucinato con noi.
Cucinare con me è come fare un workshop di action painting, dove le ricette e di conseguenza le dosi, sono applicate seguendo l’antica e nobile arte delle cose a caso.
Cucinare con papà richiede una disciplina marziale: quello è ligio alle istruzioni, e chissà perché, le cose gli vengono sempre a puntino. Far da mangiare con lui è divertente anche se ordinato: lui prende il grana e ne dà un pezzettino alla sua bambina, poi accende la musica.
Ieri quei due ascoltavano Zucchero: era da tanto che non lo sentivo, eppure, ho sorriso perché mi ricordavo benissimo le parole delle canzoni.
Cucinare per noi è come la vita:noi insegniamo a nostra figlia, e lei insegna a noi, con le sue idee fantasiose e brillanti, il suo impuntarsi per schiacciare un bottone o girare con energia una pietanza.
Cucinando trasmettiamo buona parte del nostro essere, le nostre inclinazioni, mettiamo a nudo i nostri difetti.
E intanto lei continua a imparare, conoscerci, apprendere, e noi allo stesso modo da lei.
Ieri all’ora di pranzo, stava lavando due piatti, con i gesti contenuti di un capodoglio in una vasca da bagno.
“Mamma… ” ha esordito con nonchalance.
“Sì amore?”ho risposto continuando a preparare la tavola.
Ha alzato un cucchiaio di legno, gocciolante di detersivo, verso i fornelli “qui ti brucia tutto”.
Quelli in cucina imparano di tutto, anche i nostri limiti, e non dimenticano mai di insegnarci e suggerirci come superarli.
La Fame Bellissima.