Storie di parodia quotidiana

LA DIETA PERIODICA

Più o meno senza alcun motivo specifico e in momenti distribuiti assolutamente a casaccio nel corso dell’anno, ecco che vengo colta dal desiderio di cominciare una dieta.

Una dieta magistralmente condotta, intendo.

LA DIETA, quella definitiva, che si tradurrà nel tempo, almeno nel mio immaginario, in un regime alimentare consolidato.

Ecco, si da il caso, che questo sia uno di quei momenti, così, dato che manca giusto poco più di un mese a Natale ed ogni mio impegno, se dovesse mai esserci realmente, sarà comunque PRESTO reso vano dai Gianduiotti.

Fino ad ora, da qualche tempo, non mi sono data un particolare regime alimentare, se vogliamo escludere quello adottato dal camioncino che passa a raccogliere i sacchi dell’umido il martedì e giovedì mattina, anche perché a seguito di una gravidanza nella quale sono stata messa a dieta forzata, mi sono concessa un post parto lungo un anno senza grandi rinunce, accampando principalmente l’alibi del “Eh, allatto, ho bisogno di forze”.

Considerando però che non devo nutrire una mandria di vitelli, possiamo dire che forse potrei anche limitare l’assunzione di calorie.

COME FUNZIONA QUANDO MI VIENE IN MENTE DI FARE LA DIETA.

E’ quel momento.

Sono nella corsia dei generi per la colazione alla Unes, in sottofondo l’ultimo successo di Giusi Ferreri che mi giunge attutito in mezzo ai pensieri.

Sto riflettendo sul se acquistare i soliti vergognosi kellogg’s choco krave farciti di cioccolato ed ognuno col peso specifico di una biglia di vetro, oppure se convertirmi alla crusca, con il familiare aspetto,gusto e consistenza del sughero alla corteccia.

E’ quindi durante una spesa qualunque che decido sia giunta l’ora di prendere una pausa dalla Nutella, dalle flebo di burro d’arachidi e in generale congedarmi (almeno momentaneamente) dal junk food,dai carboidrati e da qualunque cosa non sia spudoratamente integrale.

Ma non mi voglio limitare a questo.

I miei occhi vagano spiritati alla ricerca morbosa di soli prodotti bio, coltivati alla vecchia maniera con gli strumenti e le metodologie utilizzate dai contadini nel medioevo.

Vagabondo per il market alla ricerca del prodotto con il package meno commerciale, più rustico e dimesso, mentre nel banco degli ortaggi vorrei solo arrotolare i porri e la verza, con cui conto di nutrire tutta la famiglia, semplicemente in un foglio di giornale, spinta da una delirante e irreprensibile necessità di genuinità e ritorno alle origini.

La farina 00, rappresenta in questo mio folle vagare, semplicemente la personificazione del demonio: io oggi pretendo solo grani rigorosamente integrali, macinati a pietra, magari in un recondito, ridente e bucolico paese del sud, dove la semina viene effettuata a mano i primi di marzo e la raccolta al chiaro di luna da delle vergini con ghirlande di fiori a mo’ di corona in testa, rigorosamente e solo, da giugno a settembre.

Il banco frigo mi regala un tripudio di crescenze e primosale light; appoggio in modo risoluto lo yogurt con lo zero per cento di zuccheri, gusto e pretese nel cestino e guardo in modo contrariato il burro da 500 grammi con cui fino a poche settimane fa, componevo un biasimevole salame di cioccolato.

Un rapido sguardo al carrello ed ecco che nella mia mente si compone con grande perizia il menù della settimana, in cui smetterò di essere finalmente, un grasso e smodato pachiderma.

“Sì, allora, niente, stasera faccio le polpette di quinoa e patate con i semi di sesamo su letto di valeriana.. sì. Domani, hamburger di riso rosso su pesto di rucola, con sentore di zenzero fresco e finta maionese allo Yogurt greco zero grassi. Ma che poi posso fare anche un finto tiramisù alle banane e ricotta, sai mica che a uno venisse MAGARI voglia di un dolce”.

Alla cassa, vengo spogliata di tutti i miei beni presenti e futuri per pagare il conto, dato che il prezzo complessivo dei prodotti acquistati è pressappoco pari a quello sborsato dal Fedez nazionale per comprarsi la tanto ostentata Lamborghini.

Ecco, solo portando le borse della spesa a casa vengo assalita da una fame arrogante e malvagia che per gestirla devo subito ingerire qualcosa.

Opto per il classicone delle improvvisate della dieta:una carota.

Così, quattro carote dopo, mangiate prima di cena, mi sento sempre un po’ meno convinta di ciò che sto facendo, ancora una volta.

Fagocito una manciata di anacardi rigorosamente non salati, che avrei dovuto centellinare nell’insalata e sbuffo.

E pensare che domani per colazione ho da ingurgitare crusca, sotto lo sguardo canzonatorio di mio marito che non perderà occasione per dire “questi li finisci sta volta, sì?”

Infatti,
come dice il buon Claudio “per capire quanti percorsi salute hai cominciato in un anno, basta contare i sacchetti di crusca cominciati e abbandonati nel cestino del pane, dimenticati poco dopo essere stati aperti e miseramente chiusi con una molletta del bucato”.