E sono passati i mesi, io e te sempre insieme.
Abbiamo scandito i giorni, le stagioni e il tempo al ritmo di passeggiate, poppate, coccole, conversazioni di sguardi, dialoghi di sorrisi, chiaccherate di buffi versetti.
Abbiamo giocato, riso e condiviso ogni attimo.
Ma ora, carissima Clara, è ora di tornare al lavoro.
Bisognerà riprendere dimestichezza nel parlare con gli adulti e non solamente di temi relativi alla gestione del poppante.
Chiudo la porta di casa e il cuore si stringe:”ok, adesso mi accovaccio qui sulle scale, appoggio la borsa ordinatamente al mio fianco e piango fino a mezzogiorno, o alternativamente finché non mi si cavano spontaneamente gli occhi”. Penso con grande positività.
“Ma ringrazia che hai un lavoro! Spina dorsale e CAMMINARE!” mi redarguisce prontamente la mia parte razionale.
“Sì, concordo, ma cerca di capire, é un trauma..” balbetta la parte emotiva, decisa a intrattenere il suo solito vaniloquio.
“Ma che trauma e trauma! Il Trauma lo provochi tu che stai così ADDOSSO, PER L’AMOR DEL CIELO. Prendi su baracca e burattini e FILARE!” mi bacchetta il raziocinio, perentorio.
“NON FA UNA PIEGA” concorda la parte emotiva, ricacciando indietro le lacrime.
Riprendo a camminare, risoluta.
Le sensazioni che provo sono le stesse di quando mamma e papà mi lasciavano alla colonia al mare e io chiedevo subito di essere ricevuta in infermeria per spiegare molto gentilmente alla signorina preposta che STAVO BENISSIMO ma che abbisognavo COMUNQUE d’andare a casa perché erano passate solo poche ore e già mi stavo struggendo irrimediabilmente dalla malinconia e noatalgia. E lei mi rispediva in dormitorio, senza grandi cerimonie.
Salgo in macchina e mi sembra di essere sulla vettura di Topolino, con il volante di plastica gialla e i pedali come una bicicletta:non sono più abituata a guidare, questa è la verità, io so condurre solo un passeggino, ORMAI.
“Ciao Clara, come va?”
“Bene, grazie, anche se ho come la curiosa sensazione che mi manchi un ARTO”.
Penso solo a te, tutto il giorno e non vedo l’ora di tornare a casa e stringerti.
Mi sento tramortita come dopo aver preso una bastonata ben assestata sul coppino o come la mattina seguente una serata trascorsa ad idratarsi con shottini di tequila.
Subentro in casa con lo stesso trasporto di chi rientra da una missione in Iraq durata un anno, mentre tu mi guardi con la nonchalance di chi ti vede tornare dal bagno.
Questa storia e per le mamme che tornano al lavoro, lasciando un pezzo di cuore a casa:non preoccupatevi, sono certa questo sia solo un momento, poi si riacquisterà nuovamente e quasi certamente un tono🤣;inoltre, avete nutrito d’amore il vostro pargolo, che ora in vostra assenza avrà, grazie a questo, tutti gli strumenti in termini di sicurezza e un pieno d’affetto per affrontare il cambiamento, pieno che provvederete prontamente a rifocillare e rimpinguare certamente, appena tornate a casa.
Per di più sarà salutare affrontare nuove sfide e un po’ di cambiamento.
Come dire, per sdrammatizzare
mi sono avvalsa delle mie (evidenti🙄) abilità artistiche per descrivere i momenti salienti di una prima giornata di lavoro “tipo” , per la mamma che torna in attività😌
Buon lavoro, mamme!