Storie di parodia quotidiana

Momento foto.

E così, in una domenica di sole avete deciso di fare una bella gita.

Tutto procede ottimamente, il SOLE SPLENDE, non ci sono orari, gli umori sono distesi, gli uccellini cantano sugli alberi.

CERTO
TUTTO CIÒ È MOLTO BELLO
FINO A CHE

non giunge il tragico “momento foto”.

E giunge di sicuro, oggigiorno.

“Amore ci facciamo un selfie” IN REALTÀ, a dispetto di quanto potrebbe parere di primo acchito ad un pover’uomo che sta solo tentando di soffocare il disagio che inizia a pervaderlo  la domenica verso le 16.00 pensando al giorno successivo QUANDO dovrà tornare al lavoro, magari mentre è intento a BALNEARE INGENUAMENTE  sulla riva di un fiume/lago/torrente in montagna, non è la frase più INQUIETANTE e ALLARMANTE CHE potrebbe sentirsi rivolgere dalla sua compagna, dato che esiste l’assai peggiore versione “AMORE MI FAI UNA FOTO.”

Certo, sì, il selfie costituisce un momento di forte imbarazzo in cui si rende necessario sfoggiare un sorriso plastico abbracciati in una posa innaturale, sorreggendo il telefono con un braccio ritto come un palo, che il 100% delle volte renderà inutilizzabile la foto ai fini della conseguente e ancor più allarmante pubblicazione (soprattutto per il fatto che probabilmente la compagna  si concentrerà solo sulla propria espressione ignorando il fatto che il suo lui sia stato immortalato con un occhio chiuso e uno aperto tipo avvinazzato alla festa dell’uva: “ma io sono venuto orribile” “ma cosa dici, stai benissimo, guarda che sei così, tu,dal vivo”).

La vera tragedia incombe PERÓ quando la foto deve farla solo lui a lei.

Sappiamo giá che gli esiti saranno disastrosi, soprattutto in assenza di un supporto tecnologico adeguato (TIPO UN I-PHONE 20) magari con doppia fotocamera e una brava applicazione con un appropriato numero di filtri e PERCHÉ NO la funzione “SNELLISCI AREA”.

COSÌ LUI PARTIRÁ malissimo magari anche lamentandosi e ADOTTERÁ LA TEMIBILE posizione accucciata, decidendo quindi, avventatamente, di RIPRENDERLA dal basso verso l’alto probabilmente con il duplice obiettivo di a) riprodurre fedelmente un quadro di Fernando Botero; b) FAR RISULTARE un bicipite  tipico di uno spaccapietre o di un culturista e le pieghe sotto il mento di uno Shar Pei, il tutto giustificandosi con uno squallido ” non voglio tagliarti le gambe”, cui seguirà solamente l’asciutta esortazione a cancellare immediatamente la foto dal cellulare E dalla memoria a breve e lungo termine di entrambi.

Già in preda ai primi sudori freddi LUI deciderà allora di concentrarsi cessando contestualmente di sbuffare, pensando che magari applicandosi per qualche minuto potrà ottenere lo scatto che gli permetterà di riprendere a ciondolorare senza essere più insidiato (almeno fino alla gita fuori porta successiva).

Fa allora cinquantasette scatti, in verticale;orizzontale; da vicino che si possano distinguere tutti i pori e da lontano che paia un’istantanea scattata dallo spazio.

Lui sa già che il 99% degli scatti verranno bocciati,cancellati e lui tacciato d’essere un incapace indisciplinato CHE LO FA APPOSTA A FARMI VENIRE MALE IN FOTO
ma confida in quell’unica probabilità che ne sia venuta una decente che dopo molteplici ritagli e aggiustamenti possa metterlo in salvo da nuovi, angoscianti assalti.

ALMENO PER UN PO’