Storie di parodia quotidiana

Il fratellino

Nella notte del 27 dicembre, dopo la gestazione di un lamantino, è nato il nostro secondogenito.

Durante il travaglio, mi sono interrogata mediante fini, alti e speculativi sofismi, sul perché una donna potesse volontriamente sottoporsi ad una simile tortura, soprattutto dopo averla già precedentemente testata.

La risposta è arrivata con un piccolo e squillante vagito, accompagnato dall’esultanza delle ostetriche nella stanza, che ha curato immediatamente le ferite del corpo e fatto schizzare il cuore in cielo tipo gioco del martello al Luna Park: “DIN DIN DIN!!!!”.

Sei nato, e farei di tutto per te.
Sei mio, di papà e di tua sorella.
Ma sei anche del mondo adesso, radice del passato, benedizione del presente e regalo per il futuro, come tutti i bambini.
Ci vuole un attimo per realizzare di essere diventata ancora mamma, o ancora papà, però una cosa l’abbiamo saputa fin dal primo istante: adesso abbiamo due bambini, amiamo il doppio e ci faremo senza paura a metà.

Ma ovviamente, non sarà semplice.

IL PRIMO INCONTRO

Quando ho visto la Lea, dopo tre giorni surreali ed insonni passati dignitosamente nel reparto maternità in camicia da notte, con i capelli e le fattezze di Ozzy Osbourne dopo un concerto, e pannolone, mi è quasi preso un colpo.

“Salve madre, sono pronta a congedarmi per partire per l’Erasmus”.
Ma quando è cresciuta così tanto? Cosa le hanno dato i nonni da mangiare? I ravioli farciti di vibranio? Mi sono stroppicciata gli occhi.

“Mamma, dov’è il mio fratellino?” ha chiesto candidamente lei, sbattendo le lunghe ciglia.

“Arriva, è con papà, sei emozionata?”

Ha annuito vigorosamente, sorridendo.

Ed ecco il Claudio subentrare trionfalmente con l’ovetto, per poi appoggiarlo sul divano, accanto a noi.

Ha estratto lo Jacopo è l’ha sfilato dal tutone termico appartenuto a sua sorella: i primi mesi di vita del nostro seconogenito saranno all’insegna dell’ambiguità di vestiario, l’unisex sarà una sottile linea interpretabile rispetto alla del tutto opinabile posizione che una tutina verde acqua con scritto “little princess” possa essere indossata solo da una bimba.

La Lea lo ha guardato perplessa, mentre il sorriso si trasformava in un’espressione stupita.

Io mi sono morsa il labbro inferiore.

“Eccolo qui amore!” ha annunciato papà, mentre il piccolo cominciava a piangere, inconsolabile.

Mi sono schiarita la voce: “ forse…forse ha fame” ho detto prendendolo in braccio.

Mi figlia ha sgranato gli occhi, assumendo la stessa espressione di chi ha appena scorto il proprio marito abbracciato a una bella bionda.

Niente, non mi ricordavo più una ceppa di tutti i discorsi che mi ero preparata per introdurre felicemente il fratellino in famiglia.

Così, ho detto più o meno questo: “Amore, lo so, è una shock! Un bambino vero…sembra un po’ l’ubriacone del villaggio, la testa che ciondola, i rutti, i vomitini intervallati dai pianti e gli occhi stralunati. Ma vuoi mica fargliene una colpa? Anche tu eri così, e guardati adesso, che bambina rispettabile.”

Mi ha guardata inarcando le sopracciglia.

“V-vuoi aiutarmi a cambiargli il pannolino?”

Ha annuito, incerta.

Ho allora preso ad armeggiare con la tutina e pannolino, blaterando cose insensate sulla gestione di un neonato.

Appena tolto il pannolino, sono stata investita da un fiotto a tradimento di pipì, mentre il piccolo ha ricominciato a piangere disperatamente.
Avevo sonno ed ero lercia, i capelli uniti e stavo imparando a gestire un pisello: come potevo davvero aspettarmi che il quadretto idilliaco che mi ero immaginata come primo incontro potesse realizzarsi?
Lea ha osservato inorridita la scena, inserendosi in modo assai teatrale due dita nelle orecchie.

Dal primo incontro è passata qualche settimana.
E’ tutto un divenire: ci sono attimi tenerissimi fatti di nanne intrecciate fra fratelli, sguardi d’affetto avvicendati ad occhiate di compatimento dal pupo alla mamma per l’ennesimo rigurgito; ci sono pianti disperati perché “ANCHE IO VOGLIO STARE IN BRACCIO!”, sensazioni di impotenza e inadeguatezza e ancora momenti di struggimento perché le abitudini stanno cambiando per tutti.

C’è da pensare che non solo mamma e papà devono imparare a farsi a metà, ma anche i piccoli: chi c’era già e chi è arrivato.

Sono passate settimane e sono ancora in tuta, con i capelli e le fattezze di Ozzy Osbourne dopo un concerto e il pannolone.

A volte ho paura, altre sono al settimo cielo.

Mi sento la metà di una mela che combacia perfettamente con altre tre metà di mela, a volte con fatica, altre con facilità estrema.

Sei arrivato, e sei meraviglioso.

Sei arrivato, e non aspettavamo altro.

Tutto si è scombinato e noi stiamo imparando a farci tutti a metà, per essere finalmente completi.