Storie di parodia quotidiana

LA VALIGIA PER IL PARTO

Da alcune settimane molti mi suggeriscono di preparare la fantomatica “Valigia per il parto”.

Io sto evidentemente temporeggiando, perchè sono una cagasotto.

La seconda volta che prepari la valigia per il parto, infatti, sai a cosa stai andando incontro.

Mi sono limitata, per ora, a trasferire la borsa dalla soffitta al secondo piano.

“Dove andiamo mamma?” ha chiesto Lea, pilotando il mini trolley contro il muro come una macchina per il crash test.

“Eh sai che ti ho detto che la mamma deve andare all’ospedale quando il fratellino bussa per avvertirci che vuole uscire…” ho detto ondeggiando una mano davanti al viso.

“Ah già. Il dottore lo tira fuori”

“Sì, esatto, UNA COSA DEL GENERE”

“Poi la mamma torna NORMALE.”

“Sì… giusto, più o meno una cosa così.”

Il problema è: cosa ci metto dentro?

Sì, lo so, i cambi per il bimbo, le camicie da notte che si aprono sul davanti, pannolini ( per me e per lui), spazzolino e pettine.

Questo lo so.

Ma sostanzialmente, cosa ci va nella valigia per il parto?

IL CORAGGIO. Ci vuole un po’ di stoica e tosta volontà di affrontare la vita, infilata in un bel sacchetto con scritto nome e cognome di mamma e bambino, pronta all’uso!

Per fare centro, bisogna però aver sempre qualcosa cui mirare.

Allora mi sono chiesta, coraggio e stoica volontà di affrontare la vita come chi?

Come Xena, la principessa guerriera?

O come Buffy, l’ammazzavampiri?

No, niente, i miei idoli anni novanta non vanno bene in questo caso.

Poi, un giorno, l’illuminazione: ho visto la foto della regina Elisabetta che a circa novant’anni anni guida un Range Rover come fosse una Cinquecento, senza avere la patente, spesso indossando un delizioso cappellino sormontato da fiori freschi o fiocchi di seta.

Guardando la foto, ho pensato in primis a cosa farebbe mio nonno Gino a bordo di un Range Rover e, subito dopo, a come avrei fatto io a guidare una macchina del genere, che quando faccio retro rischio sempre di strapparmi un fianco, da quanto sono agile.

Vero che il problema non si pone, dato che non potrei mai permettermi una macchina simile ( a meno che non decidessimo di vendere la nostra cosa, per vivere nel Suv stesso) ma il punto non è questo: il punto è che io nella valigia del parto ci voglio mettere la regina Elisabetta, con quell’espressione lì, che si mette un cappellino o un foulard legato sotto il mento e se ne va a spasso con le sue amiche con la determinazione e la fierezza che mai vedrete dipinta nemmeno in faccia a un qualsiasi trentenne rampante.

Io la faccio sta benedetta valigia!

Perchè adesso so cosa metterci dentro.

Ci metto la stoica volontà di affrontare la vita di un’anziana regina con il cappellino di fiorni, fiera e agguerrita su una macchina grossa come un carro armato pesante, in attesa di abbracciare la dolcissima e amata vita che porto dentro di me.