La cosa buffa è che la storia va ben oltre Beato Valente.
Quello infatti è terzo di quattro fratelli, Giovanni Grande, lo scrittore,
Gioacchino lo schivo, il cantautore,
infine Sogno il mago, un po’ per svago e un po’ per vocazione, di pozioni magiche il creatore, per registrata professione.
Quattro figli, in effetti, all’arte dedicati,
ma ahimè, non molto fortunati.
Beato Valente sta in prigione, per aver tenuto fede alla sua missione;
al più vecchio, lo scrittore, non gli riesce ingraziarsi un editore,
il piccoletto, poveretto,
sempre dietro a un nuovo sonetto: intona, canta e compone, ma s’imbarazza anche sol’dinnanzi ad uno spettatore.
Il mago, invece, per non esagerare, nemmeno un decotto sa far spiccare.
<Gioacchino, Sogno, state ad ascoltare! Un’idea, brillante, ingegnosa, vi devo illustrare!>
<Giovanni che hai da dire?> risponde Sogno il mago, che come indovino è ovviamente negato.
Assume uno sguardo solenne, quello che ha appena parlato: <Facciamo qualcosa per liberare Beato, aiutiamolo a uscire dal guaio in cui s’è cacciato!>
Quello più piccolo e timoroso, ingoia un groppone assai rumoroso:<Che hai mente Giovanni? >sussurra Gioacchino mentre quello estrae lesto un foglietto dal taschino <cos’è quel pezzo di carta? Una storia? Un piano? Una cartina? >
<Un ballo! Organizzato dalla regina.>