Avete presente quando un bimbo piccolo non vostro, alle prime armi a livello verbale, vi rivolge la parola in quello che vi parrà essere a tutti gli effetti un rudimentale elfico primitivo con contaminazioni di stretto dothraki (“aiubamboi atua?) e voi rimanete basiti, a chiedere sfoggiando l’espressione confusa e poco sveglia di un Psychrolutes marcidus? E allora la mamma del bambino s’insinua prontamente e esordisce con: <no, diceva “buongiorno a lei, cara signora, ha visto che alla fine, contro ogni previsione è spuntato il sole?” > e voi continuate a strizzare gli occhi, cercando un qualche collegamento semantico, onomatopeico e lessicale che possa ricondurre la traduzione appena appresa, al misterioso suono emesso precedentemente dal piccolo delizioso bipede?
E avete presente quando a parlare è vostro figlio, e voi a un “Mamma vojo pollo” comprendete senza indugio che la vostra prole vi stia chiedendo un rosso e succosissimo pomodoro con cui fare merenda?
Ecco.
Il motivo è che in ogni famiglia si parla una lingua unica, speciale, propria e caratteristica… È il luogo dove ci si capisce, ci si intende, magari all’inizio con un po’ difficoltà che poi, con una certa’ pratica, sparisce.
Fin dai primi momenti, mamma e papà comunicano con il proprio bimbo, sin già dal pancione, con un modo solo loro: una pigiatina in un certo modo per salutare, un calcetto o un pugnetto ben assestato per ricambiare. Una sorta di Morse dell’amore.
Poi, mamma e papà si ritrovano con un neonato e s’accorgono che quello tenta in tutti i modi di esprimersi, fin dall’inizio:ed essi comunicano con risolini e urletti e “se fai quel suono irresistibile so benissimo che è perché vuoi essere stretto e cullato, accarezzato e baciato a più non posso” .
E poi, dalle lallazioni piano piano nascono vere e proprie parole, spesso quasi giuste, che in famiglia però, nonostante suonino un po’ strane, non creano alcuna ambiguità e sono comprese al volo. Almeno dopo un po’.
Allora… Sarà che divenire genitori significa imparare un nuovo idioma, una moltitudine di inedite espressioni, una lingua peculiare, modi di dire straordinari, mai uditi né ascoltati, una favella da tramandare, scrivere, appuntare, fatta di norme, regole e abitudini di pronuncia, un dialetto eccezionale insomma, in effetti una varietà infinita e stupenda di declinazioni della parola amore.