Storie di parodia quotidiana

Mentre dormi, io scrivo.

Mentre dormi, io scrivo.

Ma che m’importa della lombalgia, della sciatica, dei capelli flosci e senza forma, delle unghie esagonali e delle sopracciglia la cui crescita a volte mi sfugge di mano come fossi cugina di Elio delle storie tese?

Ma che m’importa d’avere la pancetta e una tetta più grossa dell’altra, d’indossare una maglia linda per uscire e scoprire solo una volta fuori, di avere una bella medaglia dalla dubbia natura proprio in prossimità dello sterno?
Per inciso, io ci provo a mantenermi in forma e credo sia fondamentale aver cura di sé, ma a volte il tempo stringe, la bimba vuole solo stare in braccio come fossi un albero e lei una spiritosa scimmietta e mentre faccio la doccia sento le urla dal salotto e così, mentre prima amavo lavarmi in slow motion, oggi m’insapono e risciacquo come stessi partecipando ad una staffetta.
Dicevo che
Non m’importa perché in realtà il mio tempo è ben speso.
Grazie a te alzo e abbasso lo sguardo, come facevo da piccola.
Guardo il soffitto, perché tu ti stupisci della luce dal lampadario e guardo il cielo, perchè mi indichi il passaggio di un uccellino.
Guardare su fa quasi male al collo quando non lo fai da molto tempo, lo sapevate?
Grazie a te alzo e abbasso lo sguardo, perchè ti seguo mentre gattoni e quasi non riesco a starti dietro, tanto vai veloce e mi fanno male le rotule che mi chiedo davvero come fai; guardo le cose dalla tua prospettiva e stando sdraiata sul tappeto m’accorgo di quanta polvere c’è sotto il divano; ti tallono sotto il tavolo e ricordo che anni fa quella era una casa anche nei miei giochi;faccio lo slalom fra le sedie e rimango folgorata dal dolore lancinante provocata da un mattoncino sotto
il collo del piede.
Mi viene in mente che ogni cosa era fonte di grande stupore, come lo è oggi per te.
Grazie a te ho trattenuto il fiato e contato fino a dieci, rimandato e cambiato repentinamente programma, tutto anche solo in mezz’ora.
Grazie a te ho capito quanto è caldo il contatto e importante un abbraccio, quanto ci si parla guardandosi negli occhi, dato che tu dici tutto senza sapere ancora dire nulla
(TRANNE PAPA’ naturalmente).
Grazie a te sorrido per nulla, che in realtà è tutto.
Sei piccola e deliziosa, ma con il potere distruttivo pari a quello di una bomba all’idrogeno e le capacità indecifrabili di non stancarti mai e di raggiungere cose posizionate ad altezze che pensavamo essere da te irraggiungibili: sei un esempio di costanza, coraggio e determinazione.
A giudicare dalla velocità con la quale è passato un anno, voglio godermi e scrivere ogni cosa, riportare delle tue maniche arrotolate e il tuo nasino arricciato, i pigiamini e le guance rosse, gli occhi lucidi quando hai la febbre e i tira-baci sulla nuca nonchè le tue braccia protese verso di me quando è sera ed hai esaurito la voglia di misurare ogni centimetro di pavimento con un’alternanza strategica di pancia,baci alle piastrelle,manine e piedini.
Voglio inventare unità di misura per le tue piccole mani, un vocabolario per la curiosa lingua che inizi a parlare, barzellette di smorfie per farti ridere e sfoderare quei buffi dentini.
Voglio registrare nella mente il rumore del tonfo che fai quando cadi sul sedere e sprofondi nel pannolino, l’espressione coraggiosa e impegnata di quando ti sbilanci temerariamente per raggiungere qualcosa che ti è proibito.
Voglio diventare campionessa olimpica di recupero calze e scarpine, specializzata nella disciplina agonistica di rinfilaggio babuccia.
Voglio giocare a nascondino con te che pensi di diventare invisibile quando hai una manina davanti al viso, per poi rispuntare a tradimento con un amabile “buuuu”.
Voglio scrivere di te amore mio,
che sei le parole che non c’è bisogno di dire ad alta voce, che sei in quel momento in cui l’essere umano è perfetto, curiosa, umile e senza pregiudizi, affascinata dal mondo e piena di meraviglia, bisognosa di poco o nulla di materiale ma affamata solo di scoperta, contatto e amore.
Pensavo che
I bambini servono a ricordare che tanto tempo fa, tutti noi avevamo bisogno di avere ed essere esteriormente molto poco

e che quello ci rendeva immensamente felici.